
Da bambina la scrivania era la scrivamia.
Era mia. Perciò va da sé…
Oggi, la scrivamia deve essere in ordine ma allo stesso tempo provo piacere ad accumularci oggetti quotidianamente per poi osservarla nel suo essere vissuta, prima di sistemarla. La cura di questo spazio abitato da pensieri, radiazioni elettromagnetiche e briciole di biscotti è una sorta di rituale, consiste nel godere della pratica di silenzioso riordino di cui non saprei spiegare il gusto e per la quale provo una soddisfazione serena e crescente. Ho la sensazione di riordinarmi dentro. Il mio metodo va prima di tutto per sottrazione e poi per disposizione estetica: butto via cartacce e fogli troppo scritti, sistemo nei rispettivi contenitori le penne e le matite, seleziono i block notes di cui ho bisogno. Poi mi fermo e osservo. Sul piano sono presenti soltanto gli elementi essenziali, do loro l’ultimo indispensabile tocco spostandoli come meglio credo e percependo la libidine del quadro d’insieme. Mi sento una cazzutissima designer.
Dopodiché ridimensiono la gloria facendomi semplicemente pat-pat sulla spalla e pensando…
“che bella la scrivamia“
Siiiii, é davvero bellissima la scrivatua!
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Sììììì!!!
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