Outside the window

– Le avventure di Beatrice –

Beatrice era in camera sua, seduta davanti alla scrivania con lo sguardo fisso oltre la finestra; stava gustando uno yogurt guarnito con miele e noci – ne andava matta – persa in un ragionamento non proprio da bambina. Pensava alla discussione che avevano avuto i suoi genitori la sera prima, in cucina, dopo aver consumato dei deliziosi gnocchi alla romana; il che le sembrava già un sacrilegio, rovinare il gusto di una cena così buona per un dissapore. Non ricordava esattamente cosa avesse fatto scattare la scintilla che aveva poi acceso il litigio, ma era sicura che i suoi genitori non si trovassero d’accordo sul considerare amici o meno determinate persone; non raggiungevano un punto d’incontro perché alla base c’erano due concezioni dell’affetto e dell’amicizia completamente – o quasi – diverse. 

Questo stava pensando Beatrice. 

E non si capacitava di come sua madre potesse determinare la profondità di una relazione in base a quante volte l’altra persona l’avesse invitata a casa sua; e allo stesso modo trovava assurdo che suo padre considerasse semplici conoscenti i componenti di una famiglia con cui trascorrevano perfino le vacanze insieme. Masticò una noce affogata al miele e d’un tratto un bagliore nel cielo catturò la sua attenzione. Anzi, più che altro un’ombra. Beatrice rimase a bocca semiaperta, incredula per ciò a cui stava assistendo. Attraverso la finestra vide il giorno diventare notte tutto d’un tratto. Una notte di luna piena e del blu più magico che si fosse mai visto, in cui si muovevano una miriade di lucciole e stelle comete che, come impazzite, si davano il cambio a intermittenza nell’universo e fino ad arrivare al giardino della sua casa, come in un gioco di danze frenetiche. Beatrice inghiottì il suo spuntino e decise di salire sulla scrivania per poter appiccicare il naso al vetro e continuare a guardare. Mise prima un piede sul tavolo – sempre incantata – e improvvisamente trasalì, perché nel bel mezzo della notte si aprì un varco come fosse una cerniera, dal quale uscì un gigante luminoso che richiuse la zip alle sue spalle. Era fatto di migliaia e migliaia di comete e lucciole – tutte ammassate tra loro a farlo risplendere – si stirò come se si fosse risvegliato da un sonno profondo, sbadigliando profondamente ed espirando altrettante stelle e lucciole. Beatrice si affrettò a tirare su l’altro piede, l’emozione le fece urtare il bicchiere con lo yogurt che cadde a terra e sua madre, dalla cucina, le strillò:

Cos’hai combinato?!

La bimba ebbe l’impressione che il grido spezzasse il silenzio della notte e che il gigante, le lucciole e le comete rallentassero la propria corsa per un momento; non rispose, aspettò di sentire la mamma passare ad altro, come sempre faceva quando era impegnata e lei combinava qualcosa. Così accadde, il gigante luminoso avanzò lentamente in direzione della terra e i suoi passi lasciavano delle scie di luce che evaporavano nell’aria; Beatrice si alzò finalmente in piedi sulla scrivania e pensò di aprire la finestra: voleva chiamarlo, farlo avvicinare, parlarci. Ma quando la bambina appoggiò le dita sulla maniglia un gruppo di comete e lucciole – saranno state un centinaio – si avvicinarono al vetro e sussurrarono in coro una frase:

“Se aprirai scompariremo…”

Non poteva credere ai propri occhi e alle proprie orecchie. Se l’era immaginato? Quegli esseri luminosi potevano parlare? Il gigante stava prendendo un’altra direzione, lo stomaco le si contorceva all’idea di lasciarlo andare, eppure si sentiva profondamente combattuta per ciò che le era appena stato detto. Ma la curiosità era troppo forte e aprì le ante della finestra.

Si alzò un forte vento e sotto il suo sguardo stupefatto le lucciole e le comete vorticarono in un turbine che le scaraventò verso la bocca del gigante, il quale le inghiottì in un baleno, si voltò, riaprì la cerniera e scomparve.

Di nuovo fu giorno. 

Beatrice rimase immobile per qualche secondo. Dopodiché scese dalla scrivania con molta più facilità con cui era salita, mettendo i piedi a terra posò gli occhi sullo yogurt che aveva fatto cadere.

Pensò ai suoi genitori, al fatto che, sicuramente, non si erano accorti di niente. 

Pubblicato da barcadicarta

Autrice di: Ogni cosa che scrivo

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